Queste foto a testimonianza di quanto rimane della Fnac di Milano in via Torino. Sono andato a salutarla prima che chiudesse i battenti dopo circa un decennio. Fino a poco fa ci si preoccupava della sparizione delle piccole e medie librerie per colpa delle grandi catene e centri commerciali. Ora è arrivata la nemesi anche per le grandi catene e, crisi a parte, la ragione sta nella distribuzione digitale che sta cominciando a spazzare via i punti vendita così come li conoscevamo. Un cambiamento così veloce e così pesante non si vedeva dai tempi dell’abbandono delle fabbriche nei contesti urbani i cui resti si vedono ancora oggi nelle famose aree dismesse spesso riconvertite in desolanti centri commerciali. Bisognerà inventarsi qualcosa se non vogliamo che al posto di questi luoghi sia in centro come in periferia non restino dei deserti in stile “Io sono leggenda” e soprattutto che chi ci lavorava non diventi lo zombie di “Io sono leggenda”.
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Epic Fail.
Quando il Disastro si fa Arte.
L’ultima settimana resterà nei nostri occhi come uno di quei momenti così bassi della storia italiana da riuscire ad innalzarsi sopra la mediocrità dei momenti bassi e giungere nella top ten della sfiga italica.
Come tutte le vicende umane l’origine probabilmente parte dalla notte dei tempi, da quando il primo uomo si pestò le dita cercando di accendere un fuoco con due pietruzze e quindi meglio saltare molti passaggi e arrivare all’oggi.
Questo blog non è in grado di cercare le ragioni, nè proverà a svelare i colpevoli perché qui si parla soprattutto di immagini e suoni che colpiscono in primis gli organi preposti, ossia gli occhi e le orecchie per poi propagare gli stimoli a tutto il resto del corpo.
Qui interessa ciò che è più immediato, visivo, uditivo e tattile. Bisogna perciò mettere dei limiti alla nostra narrazione e dei protagonisti.
Il Disastro che abbiamo di fronte ha molti padri e molti figli, ma per forza di cose ci tocca mettere come protagonista il buon Pierluigi. In primis perché questa è la Regola del Comando per cui tutto ciò che accade è colpa tua anche se non l’hai voluta o cercata.
Tipo: non credo che Schettino abbia voluto affondare la Concordia eppure la sua responsabilità è prima che nei comportamenti nel ruolo. Anche in quel caso i corresponsabili sono tanti. Dagli ufficiali che non l’hanno avvertito o impedito, agli amministratori della società che non hanno mai battuto ciglio sul famoso “inchino” e volendo allargare il perimetro potremmo metterci anche i passeggeri che non si sono informati sulla nave e chi la comandava e forse persino tutti noi che non abbiamo vigilato e così via…
Per fortuna c’è la Regola del Comando che evita che la magistratura venga da me ad accusarmi dell’affondamento della Concordia. Sono già ampiamente fuori pista. Virata e metto la prima immagine che trovo significativa di questa storia. Qui ancora non c’era aria di Arte, ma il panneggio era già notevole.
Dopo “non aver vinto le elezioni” il nostro Comandante Pierluigi, che pure io avevo sostenuto alle primarie per mancanza di alternative e anche perché mi sembrava una persona saggia, invece di cedere il timone ad altri ha perseguito un’idea che sembrava in assonanza con le indicazioni giunte dalle urne. Un governo di cambiamento che non poteva non includere i 5 stelle. Purtroppo per tutti noi, invece di fare un’offerta che non si poteva rifiutare ha deciso di portare in dote solo il suo corpo ignudo a un paio di improvvisati lupi travestiti da cretini. Anche fossero stati dei cretini travestiti da lupi non si poteva resistere all’istinto e a tutti noi è toccato assistere al banchetto come nel più classico dei documentari del National Geographic con la gazzella di turno sbranata dal predatore di turno. E anche se la cosa ti fa impressione, un po’ ti piace. Un po’ ti senti gazzella e un po’ predatore, ma alla fine, almeno io, più predatore. Perché un conto è mangiare l’erba e un conto inseguire un essere cornuto e veloce da cui dipende la sopravvivenza.
Con una transizione da nero abbastanza lunga durante la quale ci siamo pure dovuti sorbire 10 saggi che hanno scoperto addirittura la differenza tra l’acqua calda e fredda, il nostro Capitano di vascello, senza consultare in primis la sua ciurma, alla prima votazione per le elezioni del Presidente della Repubblica tira fuori il nome di Marini. Anzi a tirarlo fuori dal mazzo lascia che sia l’amico ritrovato Silvio, già richiamato dall’oltretomba con il brillante risultato elettorale. Evidentemente, il subcomandante non ha preso bene il banchetto ad opera dei cretini sopra citati e con la saggezza che proviene dall’esperienza ha deciso di farsi e farci pappare dal Buon Vecchio Stronzo Certificato. A suggellare questa arguta idea e senza alcun rispetto per lo stomaco degli elettori fin qui sopravvissuti ha concesso ai nostri occhi spalancati e attoniti questo meraviglioso frame.
Qui c’è l’amore che scatta tra i naufraghi assediati dall’oceano in tempesta. Come in “Cast away” il nostro Pigi ha trovato in un pallone semisgonfio l’interlocutore privilegiato. Qui il tratto è da maestro. Non siamo al capolavoro compiuto, ma ci sono tutti gli indizi di un grande artista.
Ovviamente, è tutto così drammaticamente vero che i fan del nostro Condottiero non ci credono e su internet circolano teorie di raffinate strategie ordite dal Nostro che poi come in un film di Hitchcock solo alla fine verranno rivelate allo stolido pubblico che non è in grado di capire un Disegno così Intelligente. Tra i babbei che proprio non ci arrivano c’è mezzo PD e direi la stragrande maggioranza degli elettori, quelli almeno che non hanno il culatello al posto della retina. La differenza con Cast away sta nel fatto che a salvarsi qui è solo il pallone sgonfiato.
Mancano ancora due pennellate per firmare un Epic Fail da libri di storia e il nostro Conducator ha capito ormai come si fa. Si porta la situazione allo psicodramma cambiando nuovamente rotta senza avvertire la sala macchine. Così si decide di sacrificare per il bene dell’Arte anche il padre storico di un partito maldigerito da sempre da una parte ultraconservatrice e inciuciona e, aggiungo, forse, non del tutto estranea a fatti penalmente rilevanti.
Così in barba al fatto che manco con tutti i voti del PD sarebbe passato Prodi perché Scelta Civica e 5stelle dichiarano apertamente di non votarlo, il Grande Timoniere accelera verso lo sgozzamento del vitello grasso.
Nei cartoni giapponesi ora ci sarebbe un fungo atomico che riporta al timore della guerra nucleare.
Un’immagine incredibilmente e terribilmente affascinante. Un fungo luminoso che si innalza per centinaia di metri che distrugge e purifica tutto.
Da noi l’era nucleare è, per banali questioni anagrafiche, rappresentata da Napolitano.
Piuttosto che scegliere uno dei tuoi che poteva farcela come Rodotà il nostro Working Class Hero corre in ginocchio dal vecchio che avanza e poi, per chiudere in bellezza, si lascia esplodere in mezzo alla folla come un ceceno qualunque.
Non sappiamo se qui pianga per la tensione derivante dalla fatica che un tale compito ha comportato, se per la presa di coscienza o per la gioia di aver fatto qualcosa che nessuno prima di lui era riuscito a compiere. In sintesi: disintegrare l’ultimo partito della sinistra e resuscitare un giaguaro ormai imbalsamato come manco Stephen King avrebbe saputo inventarsi (lettura consigliata: Pet Cemetery).
Il Disastro ora che è riconoscibile da tutti può chiamarsi Arte.
La satira ormai lo celebra come l’Attila della sinistra, ma per fortuna resistono gruppi di idolatri che con la fede che è propria delle religioni minori tiene viva l’immagine del proprio beniamino come il nuovo Che ucciso in un’imboscata nelle infide foreste boliviane.
Anche questa è arte. Arte sacra.
Più oculisti, meno analisti.
Flashback n. 1.
Era novembre dello scorso orribile anno e dentro un bar con un paio di amici sostenevo la seguente tesi: fare le primarie è stata una cazzata di Bersani. Se vince Renzi si snatura il partito, con alto rischio di scissione e frantumazione alle elezioni (col senno di oggi potremmo avere Ingroia-Sel insieme in Parlamento con più del 4% grazie a Renzi candidato premier). Se vince Bersani daremo comunque l’idea di un partito che candida il vecchio e che non si rinnova. Proponevo a Bersani di lasciare spazio a un nuovo tipo Zingaretti o giù di lì e fine della menata delle primarie.
Risposta: mavalà. Le primarie sono un ottimo sistema di propaganda. Fanno parlare di noi. Ci danno la spinta…
Flashback n. 2.
Circa 15 giorni fa, quando si ragionava ancora su sondaggi rivelatisi poi farlocchi si parlava di un Monti e un Peppe intorno al 15% ciascuno. Anzi in alcuni sondaggi Monti era sopra Peppe di qualche punto. Così per divertirmi provavo a fare degli scenari al Senato ipotizzando che non ce l’avremmo fatta ad avere lì la maggioranza. Pensavo, così per ridere, che sarebbe stato bello se Bersani avesse spiazzato tutti unendosi a Grillo invece che a Monti con tanti saluti a Casini e soci…
L’oculista.
Vorrei evitare lo stillicidio di esempi di errori che il PD ha fatto e che abbiamo per anni avallato nel nome del “siamo comunque la migliore offerta politica sul mercato”. Sicuramente molti di questi errori hanno contribuito a perdere i 3 milioni e mezzo di voti rispetto al 2008, ma mi interessa di più cercare di ricordare l’ultimo mese di campagna elettorale perché credo che la partita si sia giocata soprattutto lì ed è stata una partita giocata sulle immagini. Quelle prodotte, evocate e proiettate. Quindi qualcosa che ha a che fare con me.
Un po’ di cose mi hanno colpito nella campagna elettorale di Peppe.
Il popolo nelle piazze. Non sono mai stato a un suo comizio, ma le immagini trasmesse dalla tv sicuramente riportavano un dato numerico importante. Soprattutto era ciò che non c’era a colpirmi. Non c’erano, ad esempio, le bandiere. Molto poche, quasi nessuna a Roma e a Milano. Di solito i comizi sono sempre un tripudio di bandiere. Qui solo gente. Anzi laggente. Può voler dire che non avevano i soldi per le bandiere, ma può voler dire che il pubblico a cui si rivolgeva Peppe non era ancora bandierizzato. Quindi ancora un campo nuovo tutto da arare, tutto da convincere. I ritrovi di piazza sono normalmente ad uso dei già convinti dei già sostenitori. Servono soprattutto per le tv e per galvanizzare i propri. Quasi mai servono a fare nuovi proseliti. Da Peppe (ristorante sempre pieno) invece, sicuramente complice la novità, i raduni sono serviti a conquistare fette di elettorato nuovo e disarmato di ogni gadget. Potremmo dire un giorno, nel momento in cui vedessimo un raduno di Peppe superbandierizzato, che la crescita del suo movimento è già arrivata all’apice.
Anche le immagini evocate nei comizi sono state diverse. Se nel PD ha prevalso la metafora (dai felini albini in giù) e la rassicurazione quasi narcotica (tipico da: abbiamo ottimi sondaggi non facciamo danni), nei comizi di Peppe ha prevalso la narrativa. Divisa in due parti: una con toni negativi che parlava dello stato della società italiana. Al netto delle invettive contro questo e quello, raccontava un’Italia di aziende che chiudono, di strade deserte, di trasformazioni drammatiche che mettono paura. Da uomo di spettacolo ha utilizzato efficaci esempi facilmente visualizzabili. Tipo quando ha parlato di un cinese che lo ha abbracciato. Ha detto solo: ho incontrato un cinese che mi ha abbracciato. Pausa. Risatina.
Tutti hanno visto il cinese che lo abbracciava nella mente. Anche io. L’immagine era potentemente ovvia. Anche i cinesi che oggi consideriamo (a torto) ricchi, in Italia sono alle pezze. Risata amara generale. La narrativa però si chiudeva sempre con la promessa di tempi migliori attraverso questo o quel provvedimento etc. etc.
Lasciamo per un attimo perdere il contenuto e la fattibilità delle proposte (l’altro comico Silvio aveva promesso 500 e io prometto 1000). E’ stato tutto un lavoro sulla vista, mentre il PD ha lavorato solo un po’ sull’udito. Al ristorante da Peppe, si è cucinato anche un bel po’ d’odio per la famosa Kasta. L’odio inteso come vendetta, la vendetta dei giustizieri che vi fanno arrendere con le mani in alto. Altra immagine forte.
Nel PD è mancata la narrazione del presente (per non turbarci forse?) e una promessa per il futuro (per non illuderci forse?). Totale: nessuna immagine a cui aggrapparsi se non quella ormai fastidiosa di D’Alema che dalla Gruber sparava le sue perle. Il problema di D’Alema, ad esempio, non è quello che dice. A volte dice anche delle cose ragionevoli se trovi la forza per ascoltarlo. Il problema è la faccia, è l’immagine da insopportabile sbruffone che in buona parte ha fregato anche Renzi che non è riuscito nemmeno a convincere i suoi, cioè me, per esempio. C’è molto da lavorare sulle immagini qui dalle nostre parti. Sia quelle evocate che quelle proiettate.
Ora arriva il turno dell’analista. Anche lui avrebbe bisogno dell’oculista perché ci ha preso poco. Ma più di lui l’impietoso cameraman.
Corri ragazzo laggiù.
(A cosa serve internet 2).
La mia generazione ha amato molto i robottoni giapponesi. Io li amavo moltissimo. Praticamente tutti. Uno mi viene in mente in particolare in questi giorni. Jeeg Robot d’acciaio. C’era questo ragazzo che correva come un matto poi spiccava un balzo nel cielo, faceva una capriola e mentre si arrotolava si trasformava in un gran testone di Robot. Poi gli lanciavano i componenti e il robottone completava la propria trasformazione in un corpo integrale, pronto a menare le mani (a lanciarle per la precisione perché alla bisogna si staccavano).
Quando avevo sette otto anni avrei dato qualsiasi cosa per incontrarne uno dal vivo, ma sapevo che in fondo era fantasia. Maledetto pensiero illuminista. Poi però, crescendo, ho scoperto che la realtà supera sempre la fantasia e che le persone si trasformano molto di più e molto meglio dei Transformers. I casi sono ormai centinaia, ma in questi giorni uno in particolare ha riacceso la mia fantasia di bambino. Mario Adinolfi. Di seguito riporto alcuni fotogrammi che testimoniano come Jeeg Robot d’acciaio fosse, al confronto, un dilettante delle mutazioni. Grazie ancora Mario per non lasciar spegnere il bambino che c’è in noi.
Catastrofi a scelta.
Rubo il titolo a un vecchio bestseller di Asimov per provare a fare una volta tanto il Nostradamus de noiartri. Del resto quell’amabile vecchio trombone di Scalfari lo fa da millenni senza mai averci preso e gode di ottima salute. Se ne deduce che sparare previsioni ad bigulum sia un toccasana. Quindi procedo per il mio bene.
Tema: se vince o non vince Renzi alle primarie.
Svolgimento.
Ipotesi 1.
Renzi vince. Titoli medi dei giornali: “terremoto nel PD. La nomenklatura trema. La Santanché chiede la tessera n. 2”.
Piccola scissione del PD a sinistra che andrà forse a ricompattarsi con vendoliani & rimasugli vari. Guerra per bande nel PD, ma alla fine di fronte alle elezioni si farà finta di volersi tutti bene. Soprattutto, la maggior parte cercherà di ingraziarsi il nuovo capo in una gara di leccaculismo senza precedenti. Sul medio-breve periodo spostamento al centro del PD che non sarà più visto come un partito socialdemocratico riformista, ma come un partito post ideologico. Alle elezioni tale PD renziano ha un buon successo. Diciamo un 35% perché la piccola perdita a sinistra sarà compensata dal recupero sparso da Pdl allo sfascio, Lega, un po’ di movimento 5 stelle e Idv ugualmente allo sfascio. Ipotesi Monti bis estremamente alta perché sarà più facile allearsi con l’UDC (che prevedo intorno al 6 massimo) grande sponsor dei “professoroni”. Totale: governo più o meno in linea con l’attuale, con la presenza di più politici e personaggi “nuovi”. Saudade garantita.
Ipotesi 2.
Renzi non vince.
Dato che in questi giorni il supergiovane si accredita un peso personale del 15% (“Con me PD al 40% senza di me al 25%”) a me pare logico che uno che pensasse anche di pesare meno della metà si metta in proprio.
Renzi quindi non tornerà a fare il sindachino di Firenze, ma si metterà alla guida di un nuovo partito, magari con l’aiuto dei Montezemolo vari, finanzieri et altri provenienti dalla diaspora Pidiellina. E cercherà di farlo prima delle elezioni ovviamente. Il ragionamento che farebbe è: meglio padrone di un simpatico orticello che servo in una grande fazenda. Diciamo che realisticamente raccatti un 10% anche a scapito del PD che si fermerebbe intorno al 25 escluso Vendola. A questo punto il suo gioco sarebbe chiaro: sostituire l’UDC come ago della bilancia per i giochi di governo. Pochi voti massimo guadagno. Alleanze a 360 gradi. Anche qui Monti bis praticamente garantito. Mestizia assicurata.
Morale.
E’ palese che Renzi gioca fondamentalmente per se stesso e non certo per il PD, per il bene comune o il paese. O meglio, magari ci crede anche, ma la sua smania di emergere gli ha fatto dimenticare di essere sindaco di una grande città, di essersi candidato a delle primarie a cui, prima della riforma delle regole, non avrebbe nemmeno potuto presentarsi, di aver inciuciato con chiunque, promettendo chissà cosa a manca e soprattutto a destra. Il risultato è che le cambiali sottoscritte dovranno essere ripagate un giorno. E questo è il meno. Il fatto di essere così spregiudicato non potrà che attirare altri squali e squaletti di cui è pieno il mare italico. Vedremo emergere personaggi che ci faranno rimpiangere Sbardella, Signorile e De Michelis.
Con buona pace degli intellettuali dal cervello sotto spirito stile Baricco, Renzi non sta disegnando i nuovi confini di una sinistra moderna, ma sta creando un partito post democristiano, ossia un perno centrale capace di stare al governo praticamente in eterno.
Un meccanismo di successo che però genera mostri: corruzione dilagante, centri di potere inossidabili, rinnovamento di pura facciata, in pratica la solita, scusate il francesismo, merda.
Nel breve sembrerà tutto bello. I soliti italiani bisognosi di guida come le greggi faranno ovazioni (ovinazioni?). Nel lungo finirà a monetine davanti all’hotel Rafael o come diavolo si chiamerà. Su questo concordo con il vecchio trombone dalla barba bianca. L’Eugenio.
In tutto ciò, quello che mi sfugge francamente è l’azzardo di Bersani che poteva benissimo risparmiarci queste primarie che, se la mia sfera è esatta, saranno in ogni caso una catastrofe. Grande se vince, leggermente più piccola se non vince. Se Renzi se ne fosse andato subito il danno sarebbe stato minore. Per tanto così perché non far correre anche Grillo a suo tempo o la foca baffina?
Quando di tutto ciò se ne rende conto persino un politicamente babbeo come Veltroni allora vuol dire che è veramente troppo tardi…
Buona catastrofe a tutti.
New Trolls on the block.
C’è ancora qualche vecchio in giro che vi racconterà che agli inizi Internet era un luogo di pace e fratellanza frequentata da signori che fumavano il sigaro e sorseggiavano tè con una nuvola di latte. Tipo alla fine degli anni ottanta quando iniziavano a diffondersi le chat tipo ICQ. Le discussioni erano pacate e le controversie sempre rispettose, i duelli di fioretto. Palle. Ai tempi io c’ero – putroppo perché sono uno dei vecchi ancora in giro – e le chat, specie quelle anonime, erano popolate da ignoranti del mezzo (io compreso) che sperimentavano la guerra termonucleare verbale. Risse da bar in formato testo con aggettivi diretti alle madri già dal secondo scambio. Come dare un Suv ad Attila ci si menava, verbalmente, come fabbri. Poi arrivò la maturità. Gli utilizzatori diventarono più grandi. I mezzi più raffinati. L’anonimato divenne out. L’oggetto serviva a socializzare, ad ampliare le conoscenze, a mettersi in rete, a discutere, bla bla… Palle 2. La vendetta.
Tipo. La pagina Facebook di Mario Adinolfi, recente acquisto parlamentare del Pd e quindi entrato direttamente nel cerchio ristretto del supernemico della civiltà ossia la “casta”, è oggetto di scorrerie vandaliche e sfoghi avvelenati per ogni post da egli pubblicato.
Che si tratti di politica, di sport o di pesca d’altura i new trolls arrivano e non perdonano.
Tipo. Adinolfi consiglia una commedia francese che ha visto al cinema?
Annalisa Gaggiotti, che dalla foto sembra una simpatica signora di una certa età con filo di perle in evidenza, commenta: “non ci possiamo permettere neanche di andare al cinema…..tu e quelli come te possono avere questo desiderio…..noi abbiamo altri problemi molto + seri….”.
Rosa Lazzaro dopo aver messo il like al commento di cui sopra aggiunge: “Lavora che è meglio”.
Fin qui niente più che una riga sulla carrozzeria della pagina, il meglio arriva quando l’Adinolfi racconta la sua attività parlamentare. Cioè al cinema non ci si può andare perché bisogna lavorare, ma il lavoro di Adinolfi è quello che i new trolls hanno più in uggia.
Tipo.
Adinolfi informa di aver votato il fiscal compact e il Mes, due provvedimenti economici che ritiene utili per stabilizzare l’Europa e dal loggione partono subito i primi “stronzo” e “vergognati” per finire con incitamento al lancio di sampietrini e a tirare fuori i forconi “dei padri che si spaccarono la schiena per noi”.
Certo la crisi e il fatto che i parlamentari non facciano molto per farsi voler bene aiuta molto il fenomeno, ma quello che colpisce sono le facce di questi nuovi Troll. Signori e signore anche di una certa età, con l’aria paciosa, non ventenni frustrati con il costume del cattivo di Batman. Signori che usano internet come Fred Flinstone usa la clava, probabilmente ispirati dall’antesignano Beppe pitecus, l’uomo nuovo che è riuscito a condensare la summa del proprio pensiero filosofico in un “vaffaculo”.
L’Adinolfi, con cui tra l’altro mi trovo spesso in disaccordo, astutamente non censura nulla. In questo modo dimostra ciò che da tempo sospetto, ossia che il personale politico che ci ritroviamo non è molto peggio di coloro che dice di rappresentare. Anzi, forse, in svariati casi, è pure un po’ meglio.
Nel frattempo meglio abituare l’orecchio alla nuova musica.
Un uovo sodo al comando.
Provo ad immaginare. Schettino il più super antieroe del momento. Se ne sta per caso sul ponte ad illustrare il suo regno al solito ragazzino curioso cercando di far colpo sulla madre. E’ un tipo simpatico il capitano. Deve esserlo per contratto. Anche un sinistroso musone come me preferirebbe lui a Scalfari come vicino di ombrellone al mare. Perché con il capitano 2 risate ci scappano sempre. Non perde occasione di gettare agli astanti una battuta, meglio se grezza.
Si sente troppo bravo per verificare, che so, se le scialuppe funzionino, se il personale sia adeguatamente addestrato, se la rotta è sicura. Cose del genere. Quando guarda il mare dal suo ponte vetrato vede solo la sua immagine riflessa in divisa e capello scolpito dal gel. E tutto intorno solo gente che sorride, risponde agli ordini, lo omaggia, lo chiama capitano.
Nessuno, nemmeno tra i nemici che ci sono sempre che osi rimproverargli qualcosa, nessuna condivisione delle responsabilità, basta piacergli, non si sa mai. E naturalmente ridere con studiata sincerità alle sue battute. Specie quelle un po’ grezze.
Provo ad immaginare. Se un comandate così fosse al timone non di una nave, ma del paese… E nessuno, dico nessuno a dirgli di smettere…