L’interstellare giro intorno a se stessi.

Una dozzina d’anni fa abbondanti decisi che nella vita volevo fare il regista. Siccome regista non so se si nasca, ma di sicuro non è facile diventarlo, nel frattempo ho fatto il filmmaker che vuol dire sia fare video per vivere che vivere per fare video.
Come nel dilemma dell’uovo e della gallina non ho ancora capito se volevo fare il regista perché mi piaceva il cinema o se mi piacesse il cinema perché volevo fare il regista. Sta di fatto che quando un grande regista chiama io sento il bisogno di andare, qualunque opinione io abbia di lui. Perché ne stimo e ne invidio la professione e, soprattutto, perché voglio rubargli qualche cosa. Fosse anche solo l’auto di batman…
Appunto Nolan. Con una battuta rubata a Leo Ortolani si potrebbe dire: Oh no! Nolan!
Uno che riuscirebbe a trasformare in un drammone esistenzialista dai toni cupi un balletto tirolese.
Uno che non riesce a dire una cosa in meno di tre ore. Anche solo “vado a prendere il latte” diventa un’epopea. In famiglia una normale discussione a cena finisce all’alba. Infatti, Nolan non lo invita più nessuno e usa i film per parlare, parlare, parlare…
Però…
Sa usare gli attori in modo fantastico riuscendo a fargli fare e dire cose assolutamente improbabili.
Ha il coraggio di costruire castelli impervi, trame collose, storie oblique senza rimanerne schiacciato… O  quasi.
Ha uno stile visivo epico, ma calato in una sorta iperrealismo minimale… Cazzo vuol dire?
Ecco esattamente non lo so, ma so che esce un film di Nolan io devo andare, fosse anche dall’altra parte della galassia… O quasi.

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-70mm babbo! -ma che davero davero?!

Scopro che Interstellar sarà proiettato in esclusiva italiana in 70mm all’Arcadia di Melzo. Una delle cinque sale in tutta Europa a proiettarlo in tale formato.
Sempre per la premessa di cui sopra era necessario e doveroso vederlo in quella veste.
Sennò facevo meglio a continuare a fare l’avvocato come simpaticamente mi ricorda mia zia.

L’Arcadia di Melzo, un luogo che in passato mi vide spesse volte attraversare quei 40 km circa avvolti nella nebbia in gruppi più o meno numerosi. Per gli standard di allora aveva lo schermo e la sala migliore che si fosse mai vista. La mitica sala Energia da 630 posti aveva delle poltrone presidenziali un sonoro che faceva saltare gli occhiali dal naso e uno schermo grande… Molto grande.
Quando usciva un “filmone” ci si attaccava al telefono per prenotare i posti migliori. Sul punto spesso si divergeva. C’è chi voleva stare quasi dentro allo schermo e chi invece preferiva salvarsi la retina e starne quanto più lontano. Ricordo quando uscì nel 1999 “La minaccia fantasma” il primo film della nuova trilogia di Star Wars. I biglietti dell’Arcadia erano sventolati come trofei. L’Arcadia aveva la proprietà di esaltare sia i pregi che i difetti di un film perché ogni film si amplificava. Compresa la minaccia fantasma che proprio lì mostrò la sua colossale pochezza. Era il suo bello. Rendere un film un piccolo evento, renderlo vivo come un concerto con effetti spesso devastanti. Ricordo come un film in un film la fuga precipitosa di svariate file di spettatori dal fuoco dei primi 20 minuti de “Salvate il soldato Ryan”. Nessuno di noi aveva visto da così vicino la seconda guerra mondiale e qualche problema di sonno nei giorni a seguire lo creò anche a me.
E poi un altro evento difficile da dimenticare fu la proiezione in 70mm di 2001 odissea nello spazio proprio nel 2001.

Nuovo T-Fighter Hybrid. E' alimentato a idrogeno...

Nuovo T-Fighter Hybrid. E’ alimentato a idrogeno…

Poi i miei pellegrinaggi al tempio divennero sempre più radi. Un po’ perché il viaggio era di per sé stancante, un po’ perché si voleva provare gli altri “multiplex” che sorgevano ai confini della città, un po’ perché il tempo si restringeva e gli schermi in casa si allargavano, un po’ perché di “filmoni” ne uscivano sempre meno.
L’ultima volta che ci andai, diversi anni fa (credo fosse Watchmen del 2009), era quasi deserta e con quasi tutti i servizi chiusi. Sembrava in via di smantellamento, stile finale di “Nuovo cinema paradiso”.

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Fantascienza nella fantascienza…

Tra ventanni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Diceva Mark Twain a suo cugino strappandogli i peli del naso con una pinzetta. Tra le cose di cui non sarò deluso tra vent’anni ci infilo il viaggio verso Melzo per la prima volta di Interstellar 70mm in un inizio di novembre i cui colori plumbei e la pioggia incessante ricordano un film di Fincher. Viaggio effettuato, anche qui era una prima, con il treno… E’ un peccato lasciare un’opera ciclopica come il Passante Ferroviario semi inutilizzato e semi sconosciuto al pubblico più ludico. Oltre a toglierti dalla noia della guida, del parcheggio e del cambio manuale il treno ti permette di leggere anche dei racconti di Dick che è una specie di perversione nerd. Un po’ come andare a un matrimonio vestito come lo sposo.

L’ottimo semovente mi scarica a poche centinaia di metri dal cinema e proprio di fronte a uno scheletro di una fabbrica. Siccome mi va di vedere tutto in maniera filmica questo passaggio ricorda molto il set di una serie di film di fantascienza. Tanto per stare in zona Dick “Screamers”, un film ingiustamente sottovalutato.

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Qualcosa di meccanico si muove là sotto…

Alla cassa la signora si sbellica quando le chiedo se si fosse liberato qualche posto più centrale. “E’ pienissmo” dice con una certa perfidia. Come se ci fosse un gradino più alto di pieno. In effetti, il luogo ben presto inizia a brulicare di essere viventi. L’Arcadia è viva e in piena forma. Anche il negozio di libri e cianfrusaglie nerdiche è aperto.

Mi è semblato di vedere un T-Rex!

Mi è semblato di vedere un T-Rex!

Lo spaccio di schifezze va a gonfie vele. Tutto ciò contribuisce alla sensazione di un viaggio a ritroso nel tempo. Mi guardo allo specchio e ho la stessa giacca di 10 anni fa e la stessa coglioneria che mi consente di farmi un autoscatto con il dinosauro posizionato all’ingresso che mi insegue. Compro un fumetto. Se qualcuno mi dice qualcosa ora potrei dire che “è per mio figlio”. Col cavolo! E’ per me! Gli va bene se glielo faccio toccare.

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Il pizzone è servito…

Quando aprono i cancelli del cielo (la sale energia è in alto) scorgo la sala proiezione e decido di fare una sortita per vedere da vicino le megabobine. Dietro di me si riunisce una piccola congrega di distinti signori con la bava alla bocca. Il protezionista ci apre e molto gentilmente inizia una piccola visita guidata alla sala comando. Questa ricorda il livello di detenzione in cui veniva tenuta la principessa Leila nel primo film, in ordine di uscita, di star wars. Ci viene spiegato che il film è diviso in 8 bobine dal peso complessivo di 180kg. Ci confessa anche che tre secondi di film sono stati tagliati perché altrimenti avrebbero avuto un problema di sincronia con la traccia audio. Scandalo! Tre secondi di film su tre ore! Rivoglio indietro i soldi. In verità, mi piacerebbe rubargli quei tre secondi tagliati che ci sventola davanti e glielo dico pure. Per evitare una rissa mi regala un pezzo di pellicola sempre in 70 millimetri di un altro film. Con in mano il trofeo potrei anche dichiararmi pienamente soddisfatto dalla giornata e tornare a casa. Ah già c’è il film da vedere. Oh no! Nolan!

Quasi buio in sala.
Il ritrovo che ci siamo dati sa un po’ di omaggio alla carriera di una vecchia amica. La pellicola di cui stiamo per vedere gli ultimi gloriosi frammenti. Un ragazzo dietro di me chiede a quello che potrebbe essere suo padre: – sei emozionato? Lui figo: – no. Pausa. – Un po’ dai.
La sala è ben tenuta, le sedie sono comode e ci si stravacca volentieri. Vorrei un poggiapiedi e un mojito, ma va bene così. Niente a che fare con le imitazioni che sono sorte in giro. E’ un cinema per appassionati fatto da appassionati. Lo dimostra il dettaglio dell’illuminazione degli altoparlanti posti dietro lo schermo a sala semi buia.

Buio in sala.
La prima cosa che si nota, per me ormai disabituato all’analogico, è il leggero sfarfallio della pellicola. E’ come mettere su un vinile dopo anni di musica esente da graffi o difetti di riproduzione. Alla fine di ogni bobina c’è un salto preceduto dal buon vecchio pallino bianco in alto a destra. C’è molta grana, forse enfatizzata da una correzione colore fin troppo spinta. Il 70mm andrebbe confrontato con i 4k per capire le differenze con il digitale. Il meglio di sé lo dà nello spazio e nel momento dello sbarco sui diversi pianeti. Sul senso ultimo del film è inutile qui spendere parole che il buon Giusti  ha già speso molto meglio di me. Posso dire che è stato emozionante. Forse più per il contorno. Ma anche per alcuni passaggi che vanno a toccare certe corde. E poi per quella pioggia di citazioni che ti fanno sentire un po’ vecchio e un po’ a casa.
Lascio i miei Io del passato ad aspettarmi per le prossime proiezioni. Fine.

Lo schema di un buco nero.

Lo schema di un buco nero.

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