(A cosa serve internet 2).
La mia generazione ha amato molto i robottoni giapponesi. Io li amavo moltissimo. Praticamente tutti. Uno mi viene in mente in particolare in questi giorni. Jeeg Robot d’acciaio. C’era questo ragazzo che correva come un matto poi spiccava un balzo nel cielo, faceva una capriola e mentre si arrotolava si trasformava in un gran testone di Robot. Poi gli lanciavano i componenti e il robottone completava la propria trasformazione in un corpo integrale, pronto a menare le mani (a lanciarle per la precisione perché alla bisogna si staccavano).
Quando avevo sette otto anni avrei dato qualsiasi cosa per incontrarne uno dal vivo, ma sapevo che in fondo era fantasia. Maledetto pensiero illuminista. Poi però, crescendo, ho scoperto che la realtà supera sempre la fantasia e che le persone si trasformano molto di più e molto meglio dei Transformers. I casi sono ormai centinaia, ma in questi giorni uno in particolare ha riacceso la mia fantasia di bambino. Mario Adinolfi. Di seguito riporto alcuni fotogrammi che testimoniano come Jeeg Robot d’acciaio fosse, al confronto, un dilettante delle mutazioni. Grazie ancora Mario per non lasciar spegnere il bambino che c’è in noi.