Tra una risata e uno scherzo si è fatto ottobre 2014. Incredibile come passi il tempo quando ridi e scherzi tutto il tempo. A dirla tutta pare che il tempo passi in fretta anche senza frizzi e lazzi. Tu apri un blog ed è un attimo che si riempia di polvere. E’ un attimo che poi la gente che ti leggeva (i soliti 15 masochisti) pensi: magari è morto. Magari invece è chiuso in una stanza da 4 mesi con due gemelle svedesi. Quasi mai la gente pensa a questa eventualità riferendosi alla mia persona.
La verità, come ci ricorda un altro luogo comune, sta nel mezzo. Tra la morte e le svedesi. Ci sono quasi un’infinità di possibilità. La più ovvia: non ci avevo niente da dire o non ci avevo voglia di dirlo.
Rompo quindi l’utile silenzio per comunicare un’idea tra le più inutili che potesse venirmi negli ultimi 4 decenni. Un libro di foto. Anzi, non uno, ma due.
Da aggiungere alla lista delle 100 cose da fare prima di morire c’è la pubblicazione non richiesta di un paio di album fotografici. Nella lista sta un gradino sopra al disegnare un grande cazzo utilizzando la app “Runtastic” + gps e un gradino sotto al girare il mio primo lungometraggio.
Parto dai due libri perché mi viene più facile. La facilità che è l’origine di ogni vizio è il motore che più di ogni altra cosa mi spinge in questi tempi complessi.
Più facile che grattarsi? No. Più divertente? Forse.
Ora parte un tentativo puerile di giustificazione.
Oggi la fotografia ha raggiunto forse l’apice della democratizzazione. Con Instagram, ad esempio, possiamo dare a bere a chiunque di essere dei buoni fotografi. E’ questo che mi piace della democrazia. Darla a bere. Ormai una macchina fotografica o un qualcosa adatto a fare delle foto è nella disponibilità praticamente di chiunque. E’ anche questo che mi piace della democrazia. Una macchina fotografica non si nega a nessuno.
Ora ci sarebbe il pippotto filosofico su cosa significa per me una fotografia, ma per facilitarvi dirò che basta che prendiate le parole “attimo, fissato, eternità, macchina, del, nell’,tempo, modernità, testimonianza, avvitatore” e le shakeriate un po’ con qualche verbo, anche a caso, e avrete esattamente la nozione a cui pensavo.
Ecco allora l’idea. Perché per ora solo di un’idea si tratta e forse l’accidia l’avrà vinta anche questa volta. Prendere le 50 migliori foto che ho fatto scegliendole dalle miliardi che ho scattato nella mia ormai lunga carriera di fotoamatore e aggiungerci una didascalia che cominci con “Qui è quando…” oppure “La solita foto…”. Questi sono i due titoli dei due libri. Quindi 50 foto per “Qui è quando” e 50 per “Le solite foto”. Totale: 100. Non si sfugge alla legge dell’addizione.
Ora c’è il simpatico aneddoto.
Per il titolo del libro “Le solite foto” devo ringraziare l’amico Cesare e il suo umorismo sottilmente cinico. Un giorno gli feci vedere delle foto. In una c’era una goccia d’acqua a mezz’aria che a me sembrava a dir poco un’opera d’arte. Egli la smontò con: “Ah! La solita foto della goccia d’acqua a mezz’aria”. Cesare aveva colto il succo della democrazia. Tutti crediamo di fare o dire delle cose originali e tutti finiamo per fare le solite cose. Tutto è già visto, tutto è già fatto, pensato, costruito, mangiato e digerito… E che non mi aspettate? Voglio partecipare anche io al già fatto eccetera. Del resto da quando uno entra per la seconda volta in un bar ha il diritto di menarsela dicendo al barista: il solito…